Claudio Villa – EUROSYN
Vi è mai capitato di rovesciare una bevanda su un tavolo di legno? Quello che ci si aspetterebbe di vedere sarebbe il legno impregnato da una grande macchia colorata e appiccicosa. A volte però, si rimane sorpresi dalla formazione di tante goccioline, che non entrano a contatto con il legno, e ne sembrano quasi respinte; come mai? Questo fenomeno è dato da un ingrediente nel formulato, inserito al fine di rivestire e proteggere il legno; ma di cosa si tratta esattamente?
Le cere sono un’ampia famiglia di additivi caratterizzati da diverse nature chimiche, ma simili caratteristiche fisiche. Con il termine ‘cera’ identifichiamo in linea generale dei prodotti che presentano delle lunghe catene alifatiche o costituite da esteri di acidi grassi aventi un peso molecolare compreso tra i 700 e i 10.000u1). Un altro aspetto da tenere in considerazione quando si parla di cere è la temperatura; si presentano solide a 20° C, il loro punto di fusione è di almeno 40° C ed una volta liquide sono caratterizzate da una bassa viscosità2).
L’utilizzo di questi prodotti è ampio. Grazie alla loro diversità e versatilità trovano impiego principalmente in pitture, inchiostri e resine. In questi settori, vengono classificate come condizionanti di superficie per via dei loro meccanismi d’azione; per avere degli effetti significativi sulle proprietà del formulato, la cera deve migrare in superficie ad una quantità tale da conferire le proprietà finali desirate3).
Grazie alle differenze di natura chimica, si possono ottenere prodotti con parametri chimico-fisici diversi, che assumono varie sfumature applicative in funzione del formulato in cui vengono utilizzate. La scelta deve essere presa considerando la compatibilità con il sistema ed i benefici attesi. Una cera in dispersione acquosa, per esempio, risulta più facile da inserire in un sistema a base acqua, rispetto ad una cera solida, che essendo idrofoba, avrebbe non poche difficoltà a disperdersi. È bene tenere presente che le cere hanno anche diverse dimensioni particellari: questo va ad influire particolarmente sulle texture finali e la facilità di inserimento in un sistema. Quando la superficie attiva di una cera non è sufficiente a conferirle determinate caratteristiche, si può ricorrere al processo di micronizzazione. Questo processo fisico porta alla formazione di particelle ancora più piccole aumentando la superficie attiva totale4). Di conseguenza, in formulazione si otterranno una maggiore omogeneità e migliorate caratteristiche meccaniche, in tutti i campi applicativi.
Oggigiorno esistono una grande varietà di cere, classificate in funzione della loro origine e della loro natura chimica; tra le più comuni troviamo le cere sintetiche (polietileniche, polipropileniche, Fischer & Tropsch, PTFE, Siliconate, Ammidiche etc)5), le cere naturali (Carnauba, Candelilla, cera d’api, etc) e nell’ultimo periodo sta nascendo una nuova categoria: le cere biodegradabili.
Cere e microplastiche
Secondo l’allegato XVII del regolamento (CE) n. 1907/2006, recentemente modificato con la riforma (UE) 2023/2055, le microplastiche sono definite come microparticelle di polimeri sintetici, che soddisfano i seguenti requisiti: devono contenere almeno l’1% in peso di polimero sintetico o creare un rivestimento superficiale continuo sulle particelle stesse. Inoltre, almeno l’1% in peso delle particelle deve soddisfare una delle seguenti condizioni: tutte le dimensioni delle particelle devono essere uguali o inferiori a 5 mm, oppure la lunghezza delle particelle deve essere uguale o inferiore a 15 mm e il rapporto tra lunghezza e diametro delle particelle deve essere superiore a 36). Esistono due tipi di microplastiche in base alla loro origine: le primarie, che vengono rilasciate nell’ambiente sottoforma di piccole particelle. Le secondarie, invece, vengono prodotte dalla degradazione di prodotti in plastica più grandi.
L’alternativa più promettente alle cere sintetiche di origine fossile, poiché rientrano nelle microplastiche, è quella di derivazione bio-based. Alcune aziende hanno già fatto il loro ingresso nel mercato con queste tecnologie, in particolare con la cera di derivazione da canna da zucchero. La produzione di questa cera risale al 1840, quando il farmacista americano Avequin riuscì per la prima volta a estrarla dalla bagassa, il residuo della lavorazione della canna da zucchero, ottenendo un prodotto relativamente puro con un processo di ‘upcycling’7). Oggi, il settore dello zucchero ha una portata notevole, con una produzione di canna da zucchero grezza che nel 2018 ha raggiunto 1,9 miliardi di tonnellate, promettendo una grande potenzialità produttiva per questa cera, date le alte quantità di materiale destinabile al recupero8).
Le cere Biomere
Le cere sotto il nome commerciale Biomere, prodotti dalla Deurex AG, sono cere biodegradabili, sia di origine sintetica che naturale. Spesso si confonde questo concetto con quello di biodegradabilità: seppur si tratta di concetti collegati, sono diversi. Per bio-based si intende l’origine da fonti rinnovabili della molecola9); mentre per biodegradabilità si intende l’attitudine di una molecola a prendere parte ad una serie di processi chimici, che portano ad una trasformazione irreversibile della molecola tale da renderla non nociva per l’ambiente, per mezzo di agenti batterici presenti in natura. Deurex AG ha deciso di unire questi due aspetti in un’unica serie di cere che puntino sempre di più ad avere cere biodegradabili10) e biobased.
La Figura 2 mostra il test condotto secondo lo standard OECD 30111) sui vari prodotti Biomere. Il test fornisce le linee guida e le condizioni necessarie affinché si possa valutarne la biodegradabilità. Il grafico ottenuto mostra sulle ascisse il tempo in giorni, mentre sulle ordinate viene riportata la percentuale di materiale che si è biodegradato. Si nota che vari prodotti hanno tempi di biodegradabilità diversi e questo lo si può ricondurre al peso molecolare medio; infatti, maggiore è il peso, maggiore sarà il tempo necessario alla disgregazione delle catene.
La biodegradabilità dipende da numerosi fattori, molte volte è possibile ‘programmare’ le molecole in modo tale che abbiano questa proprietà, rendendo però quest’ultime di origine sintetica. Tra le Biomere testate, è possibile notare che non tutte sono bio-based, come mostrato nella Figura 3.
Ognuna delle cere ha delle proprietà chimico-fisiche diverse, tra le più importanti da considerare in applicazione abbiamo: la resistenza chimica, il punto di fusione e il colore. Prendiamo in esame la Biomer 60 e la 140 che si trovano agli estremi della Figura 2.
Dai dati tecnici si evince che la Biomer 60 è una cera morbida, a basso peso molecolare e dal colore ambrato. Si tratta di una cera poco raffinata, per questo motivo le sue applicazioni variano dai fertilizzanti, alla pelle per l’industria tessile ed il rivestimento di elastomeri. Come tutte le cere sarà caratterizzata da una forte idrorepellenza, e con una bassa resistenza meccanica ed alta elasticità.
La Biomer 140, invece, è una cera ad alto peso molecolare ed ossidata (quindi con forti caratteristiche meccaniche di resistenza). Le sue caratteristiche principali sono l’antiblocking, l’antistick e l’antistatico. Grazie all’alta resistenza alle temperature, può essere utilizzata come agente distaccante (in particolare nel formato in dispersione). Interessante è la sua capacità di agire come agente opacizzante in sistemi acrilici a base acqua, fornendo un punto in comune con la Biomer 60.
Sotto il punto di vista tecnico i due prodotti sono diversi tra di loro, sia in termini di performance, sia in applicazione. Il punto di unione di queste cere è la loro biodegradabilità, ognuna di esse con il proprio tempo.
Conclusioni
I mondi del coating, degli inchiostri e delle vernici, sono alla continua ricerca di soluzioni alternative, in ottica delle normative future e del rispetto dell’ambiente. Alla luce di questo, si sta effettuando una transizione rapida, che richiede prodotti performanti in tempi brevi. Le cere biodegradabili sono un’ottima alternativa, poiché comparabili in termini di performance alle cere sintetiche non biodegradabili, ma evitando la serie di problemi intrinsechi di queste ultime, fornendo un contributo per un futuro più sostenibile.
I prodotti Deurex in Italia sono distribuiti da Eurosyn
Bibliografia
1) Units. Accessed May 15, 2024. https://moodle2.units.it/pluginfile.php/346886/mod_folder/content/0/Files%20ausiliari/Peso_molecolare_polimeri.pdf. Slide 4
2) “Cera.” Dassault Systèmes, Accessed May 15, 2024. https://www.3ds.com/it/make/guide/material/wax.
3) “Analytical Investigation of Wax Migration in Rubber Compouds”. ResearchGate. Accessed May 16, 2024. https://www.researchgate.net/publication/368937098_Analytical_Investigation_Of_Wax_Migration_In_Rubber_Compounds
4) “Micronizzazione.” IMS srl Micronizzazioni. Accessed May 22, 2024. https://www.imsmicron.it/micronizzazione/
5) “Products.” DEUREX. Accessed May 16, 2024. https://www.deurex.com/products/.
6) “Regulation – 2023/2055 – En – EUR-Lex.” EUR. Accessed May 17, 2024. https://eurlex.europa.eu/eli/reg/2023/2055/oj.
7) “Significato Di Upcycling – Traduzione, Storia Del Termine e Alcuni ESEMPI.” Reborn Ideas. Accessed May 17, 2024. https://www.rebornideas.com/pages/cosa-vuol-dire-upcycling.
8)“(PDF) Sugarcane Wax.” ResearchGate. Acce sed May 17, 2024. https://www.researchgate.net publication/-
365266019_Sugarcane_Wax.
9) “Bio-Based, Biodegradabile E Compostabile”. Coffeefrom. Accessed May 17, 2024.https://coffeefrom.it/bio-based-biodegradabile-e-compostabile-quali-sono-le-differenze/.
10) “What Makes Something Biodegradable?” Chemistry Stack Exchange Accessed May 20, 2024 https:// chemistry.stackexchange.com/questions/19896/ what-makes-something-biodegradable.
11) “Test No. 301: Ready Biodegradability.” OECD iLibrary. Accessed May 20, 2024. https://www.oecd-ilibrary.org/environment/test-no-301-ready-biodegradability_9789264070349-en.
12) “Biomere Products Presentation”. Deurex. Accessed
May 22, 2024